domenica 11 gennaio 2009

"Palermo shooting" di Wim Wenders


Il cinema di quei registi che tengono conto della grande importanza delle tradizioni nel campo delle arti figurative e sempre più sfuggevole nell'universo cinematografico contemporeneo. Mosse le prime critiche al nuovo lavoro di Wenders dopo la sua uscita, mi sento in dovere di spezzare una lancia a favore di questo film, che non ha nulla da invidiare agli ultimi importanti lavori di Coppola (L'altra giovinezza), o di Lynch (Inland Empire), visti lo scorso anno. Il cinema rimane una tradizione d'artigianato collettivo dove il regista ha il compito di convogliare tutti i suoi mestieranti nel modo migliore possibile. Wim Wenders che durante le riprese del film ha dovuto subire il lutto del suo maestro artigiano (Michelangelo Antognoni) e non solo, perchè nello stesso giorno il cinema ha perso un altro grande maestro del cinema mondiale (Ingmar Bergman), è riuscito comunque ha traghettare il proprio sogno ,perche Palermo shooting è un vero e proprio viaggio onirico che tratta argomenti capisaldi della tradizione cinematografica (come il discorso con la morte) che omaggia "Il settimo sigillo", o il ricordo che dietro il cinema si cela la fotografia come preistoria del cinema, dietro l'immagine cinematografica c'è prima l'immagine, l'istantanea, che tempo precorre la nascita della settima arte, tanto che il protagonista di Palermo shooting è un fotografo di professione, un fotografo che gioca con la morte.